Il poema del Mantello

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Nella Tradizione islamica esistono tra l’ambito religioso e quello più propriamente iniziatico delle ‘mediazioni’, che hanno la funzione principale di aiutare coloro che sono spiritualmente qualificati a passare dall’orizzonte exoterico a quello esoterico, e che secondariamente distribuiscono in una certa misura un’influenza benedicente e protettiva ai ‘profani’. Una di tali mediazioni la possiamo trovare nell’attività di quelle ‘confraternite’ (turuq, plurale di tarîqa, ‘Via’) che aprono alcuni dei loro riti ai non-iniziati, riti spesso basati sul canto di poesie sacre (qasâ’id, plurale di qasîda), al quale si associa la pronuncia cadenzata di formule di incantazione (dhikr), accompagnata da particolari movimenti del corpo e modalità di respirazione, secondo norme trasmesse tradizionalmente che si ricollegano a quella che Guénon definiva la ‘scienza del ritmo’. Il ‘Poema del Mantello’ (in arabo Qasîdatu l-burda, o semplicemente Burda) è una della qasâ’id maggiormente (e universalmente) cantate durante questi riti. L’autore è l’egiziano di origine marocchina (e berbera) Muhammad Sharafu d-Dîn Al-Busîrî (allievo del Maestro sufi Abû l-‘Abbâs Al-Mursî, seguace a sua volta di Abû l-Hasan Ash-Shâdhilî, dal quale deriva la tarîqa detta appunto Šâdhiliyya), nato nel 1212 e morto tra il 1294 e il 1298. La notorietà della Burda non è comunque limitata al mondo delle ‘confraternite’, e si può senz’altro dire che essa costituisce il più celebre e il più amato dei poemi dedicati alla lode del Profeta Muhammad, al punto che tuttora spesso se ne ode la recitazione cantata (e musicata) trasmessa dalle radio e dalle televisioni di tutti i paesi islamici. Alla Burda inoltre si attribuiscono poteri di guarigione, e questo soprattutto per l’evento miracoloso legato alla sua composizione, evento che spiega anche il motivo della sua denominazione come ‘Poema del Mantello’. Si narra infatti che quando la scrisse Al-Busîrî si trovava gravemente malato (era paralizzato in metà del corpo). Terminata l’opera, prese a recitarla chiedendo l’intercessione del Profeta e l’aiuto di Dio: “Continuai a recitare il poema con zelo sempre più ardente, finché mi prese il sonno. In sogno vidi il Profeta che mi passava la mano benedetta sulla parte malata del corpo, e gettava su di me un mantello, che mi diede istantaneo sollievo. Destandomi, mi sentii capace di muovermi, ed uscii di casa.” Una volta per strada, Al-Busîrî incontrò uno dei suoi compagni impegnati nella Via spirituale, che gli chiese “Fammi sentire la qasîda che hai composto in elogio del Profeta (su di lui la preghiera e la pace divine)! Infatti questa notte [durante un sogno veritiero] ero davanti a lui quando la udimmo, ed all’udirla egli vibrava, come vibra una spada dalla lama sottilissima.” La traduzione della Burda (eseguita su di una versione pubblicata a Tunisi dalla casa editrice Al-Manâr nel 1947, con il titolo di “La perla rarissima”, versione attualmente impiegata nei riti compiuti in alcune diramazioni della Tarîqa ‘Alâwiyya, branca della Šâdhiliyya) è corredata da un commento orientato principalmente a rilevare come questo testo possa servire da ausilio nel cammino iniziatico, senza trascurare peraltro di ricordarne il valore ‘religioso’ e letterario. Tale commento trae spunto anche da alcune opere tradizionali in arabo, la Hâšiyya ‘alâ matni-l-burda di Ibrâhîm Al-Bâgiûrî, Šarhu-l-burda di Khâlid Al-Azhârî, e Adh-dhukhru wa l-‘udda fî šarhi l-burda di Muhammad ‘Alî Al-Makkî. Viene messo infine in rilievo come in quest’opera poetica le tematiche amorosa, epica, religiosa e iniziatica-sapienziale si compongono armoniosamente attorno all’asse costituito dalla lode del Profeta.

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Nella Tradizione islamica esistono tra l’ambito religioso e quello più propriamente iniziatico delle ‘mediazioni’, che hanno la funzione principale di aiutare coloro che sono spiritualmente qualificati a passare dall’orizzonte exoterico a quello esoterico, e che secondariamente distribuiscono in una certa misura un’influenza benedicente e protettiva ai ‘profani’. Una di tali mediazioni la possiamo trovare nell’attività di quelle ‘confraternite’ (turuq, plurale di tarîqa, ‘Via’) che aprono alcuni dei loro riti ai non-iniziati, riti spesso basati sul canto di poesie sacre (qasâ’id, plurale di qasîda), al quale si associa la pronuncia cadenzata di formule di incantazione (dhikr), accompagnata da particolari movimenti del corpo e modalità di respirazione, secondo norme trasmesse tradizionalmente che si ricollegano a quella che Guénon definiva la ‘scienza del ritmo’. Il ‘Poema del Mantello’ (in arabo Qasîdatu l-burda, o semplicemente Burda) è una della qasâ’id maggiormente (e universalmente) cantate durante questi riti. L’autore è l’egiziano di origine marocchina (e berbera) Muhammad Sharafu d-Dîn Al-Busîrî (allievo del Maestro sufi Abû l-‘Abbâs Al-Mursî, seguace a sua volta di Abû l-Hasan Ash-Shâdhilî, dal quale deriva la tarîqa detta appunto Šâdhiliyya), nato nel 1212 e morto tra il 1294 e il 1298. La notorietà della Burda non è comunque limitata al mondo delle ‘confraternite’, e si può senz’altro dire che essa costituisce il più celebre e il più amato dei poemi dedicati alla lode del Profeta Muhammad, al punto che tuttora spesso se ne ode la recitazione cantata (e musicata) trasmessa dalle radio e dalle televisioni di tutti i paesi islamici. Alla Burda inoltre si attribuiscono poteri di guarigione, e questo soprattutto per l’evento miracoloso legato alla sua composizione, evento che spiega anche il motivo della sua denominazione come ‘Poema del Mantello’. Si narra infatti che quando la scrisse Al-Busîrî si trovava gravemente malato (era paralizzato in metà del corpo). Terminata l’opera, prese a recitarla chiedendo l’intercessione del Profeta e l’aiuto di Dio: “Continuai a recitare il poema con zelo sempre più ardente, finché mi prese il sonno. In sogno vidi il Profeta che mi passava la mano benedetta sulla parte malata del corpo, e gettava su di me un mantello, che mi diede istantaneo sollievo. Destandomi, mi sentii capace di muovermi, ed uscii di casa.” Una volta per strada, Al-Busîrî incontrò uno dei suoi compagni impegnati nella Via spirituale, che gli chiese “Fammi sentire la qasîda che hai composto in elogio del Profeta (su di lui la preghiera e la pace divine)! Infatti questa notte [durante un sogno veritiero] ero davanti a lui quando la udimmo, ed all’udirla egli vibrava, come vibra una spada dalla lama sottilissima.” La traduzione della Burda (eseguita su di una versione pubblicata a Tunisi dalla casa editrice Al-Manâr nel 1947, con il titolo di “La perla rarissima”, versione attualmente impiegata nei riti compiuti in alcune diramazioni della Tarîqa ‘Alâwiyya, branca della Šâdhiliyya) è corredata da un commento orientato principalmente a rilevare come questo testo possa servire da ausilio nel cammino iniziatico, senza trascurare peraltro di ricordarne il valore ‘religioso’ e letterario. Tale commento trae spunto anche da alcune opere tradizionali in arabo, la Hâšiyya ‘alâ matni-l-burda di Ibrâhîm Al-Bâgiûrî, Šarhu-l-burda di Khâlid Al-Azhârî, e Adh-dhukhru wa l-‘udda fî šarhi l-burda di Muhammad ‘Alî Al-Makkî. Viene messo infine in rilievo come in quest’opera poetica le tematiche amorosa, epica, religiosa e iniziatica-sapienziale si compongono armoniosamente attorno all’asse costituito dalla lode del Profeta.